lunedì 10 giugno 2013

L'importante è la condivisione (di estati lontane, televisori, caschi di banane e addii)

E c'è un pensiero dannoso, uno di quelli che ti corrodono la mente tanta è la loro virulenza. Quante volte avrai realizzato, con una buona dose di sconcerto, di non aver mai conosciuto davvero una persona che è sempre stata accanto a te? Solo perché, magari, non sai quale possa essere il suo film preferito, la canzone che porta nel cuore o il significato di quello che gli leggi in faccia quando le sue immancabili difese hanno un attimo di distrazione (poche cazzate, tutti abbiamo dei muri erti a difenderci, si può fare i puristi quanto si vuole ma così è e non vederlo equivale a nascondersi, ancora una volta).
Pensi che anche questa constatazione ti sia sempre stata davanti e tu non l'abbia vista o, meglio, non l'abbia voluta vedere. Tuttavia la verità potrebbe essere anche il contrario, potrebbe essere che tu sei così sicuro di conoscere una persona perché sai il titolo del suo libro preferito o il programma televisivo che odia, però poi succede qualcosa che ti fa rendere conto che non l'hai mai conosciuta davvero, che quel libro, quel programma erano dei dannati paravento. Ci si rimane male, malissimo, ci si sente traditi, si inizia ad appellare noi stessi con una sequela impietosa di insulti per aver potuto credere di sapere tutto e ritrovarsi invece con il proverbiale pugno di mosche. Ci si crogiola così tanto nell'amarezza da dimenticare che spesso si conoscono le persone e i fatti molto più a fondo di quanto si pensi. Non è quel particolare lì a far conoscere qualcuno, certo è un vezzo, una maniera dozzinale di fare dell'analisi psicologica, ma non è tutto. Non sai qual è il film preferito di quella persona però magari l'hai vista sorridere a un bambino che le mostrava di rimando e con gioia le sue gengive sdentate, l'hai sentita gemere di dolore mentre passava in macchina sulla tangenziale e ha scorto l'ennesimo riccio dilaniato sull'asfalto. Magari l'hai vista con la coda dell'occhio, mentre giravate in bici, fermarsi e leggere la civetta di un quotidiano, borbottando chissà cosa in merito alla notizia del giorno.
Quello che intendo è che puoi conoscere una persona persino dai più piccoli gesti quotidiani, anche se non la vedi spesso, anche se sei uno di quelli che ritiene di conoscere davvero qualcuno solo dopo averci mangiato, fidati che ho mangiato con persone di cui non ricordo nemmeno più il nome e la faccia, non è importante. Non è tanto il condividere un desco con qualcuno, quanto avere delle esperienze reali da ricordare con trasporto, un giorno in cui saranno solo pallidi ricordi. Sta a te, a me, a chiunque ne parli, donare di nuovo i colori.
Potrei citare tanti episodi, ne ho di corde alla mia chitarra, ma una suona più corposamente delle altre e per questo ho voglia di raccontarne le note salienti.
Quand'ero piccola andavo spesso coi miei a casa sua. Era una loro amica storica e aveva questa casetta al mare dove ogni tanto ci invitava e, beh, ho ben impresso il ricordo di questo tizio con un casco di banane in testa che cantava da dentro il televisore. Erano immagini in bianco e nero e già il fatto non avessero colore mettevano in soggezione una bambina che sputava arcobaleni già a quella tenera età. Siccome ero anche parecchio curiosa (cosa che mi ha provocato non pochi danni, ma non in questa occasione), le chiesi chi fosse quel signore là e lei mi rispose che si chiamava Freddie Mercury, che era il cantante in una band di nome Queen. Lì per lì mi bastò, era un buon bagaglio di informazioni per una bambina di pochi anni, per quanto curiosa come una scimmietta (tanto per restare in tema di banane).
Quel tizio lì mi è rimasto impresso nella mente per anni, prima che riuscissi a trovare il titolo della canzone che accompagnava quel video. Nel frattempo approfondii la conoscenza del rock e le sue derive, compresi i Queen, ma con loro rimasi ferma un bel pezzo a Bohemian Rhapsody, Innuendo; volendo scavare ancora un po' nel passato, Radio Ga Ga nella radio in macchina di mio padre quella mattina che andai a Siena a fare una visita medica, non ricordo nemmeno per cosa. Chiedo perdono, avevo solo cinque/sei/sette anni, non ricordo nemmeno l'età esatta, è uno di quei fatti che affondano i loro piedi nella memoria semileggendaria come le radici della grande quercia di Sherwood si irradiano nella verde Inghilterra: è un po' difficile da tirare fuori a dovere, capirete.
Ma tornando a questo aneddoto, mi piace pensare che sia stato anche merito suo, di questa meravigliosa persona, se ho cominciato ad ascoltare i Queen a un'età insospettabile per una bambina cresciuta con le boyband e il girl power.
Ed è così che la voglio ricordare, salutare e ringraziare di tutto quello che ha fatto per me e con me: rivedendo per un'altra volta quella bizzarra e meravigliosa Regina con le banane in testa che vidi nel televisore della sua casetta al mare, quell'estate di troppi anni fa.
Se trovi Freddie, là, digli grazie da parte mia. Grazie, a te, lo dico adesso e per sempre.
Ciao Pina.

La canzone, per la cronaca, era I'm Going Slightly Mad.